Il COVID-19 ha scatenato uno stato di emergenza globale, sanitaria ma anche sociale ed economica. Gli effetti della diffusione a macchia d’olio del Coronavirus interesseranno, in ambito economico, tutti gli Stati, indistintamente, impattando a livello sovranazionale.

Come afferma l’ILO (International Labour Organization), la crisi sanitaria si è già trasformata in uno shock nei mercati economici e del lavoro, impattando non solo sull’offerta, ossia sulla produzione di beni e servizi, ma anche sulla domanda quindi sui consumi e sugli investimenti da parte delle imprese.

Circa la domanda e l’offerta, essi, sono i primi fattori da analizzare nell’ambito di una crisi come quella che ci accingiamo ad affrontare. Per quanto riguarda l’offerta, probabilmente si avvertirà nel breve periodo un impatto sui settori del turismo, dei traporti e dei servizi e a risentirne maggiormente saranno le aree geografiche a più alta vocazione turistica, come l’Italia o in particolare regioni quali la Puglia, la Sicilia e la Sardegna. A lungo periodo saranno interessate quasi tutte le attività economiche, eccezion fatta per talune tipologie di produzione, come ad esempio la produzione farmaceutica. Per quanto riguarda la domanda, sarà cruciale l’atteggiamento dei consumatori e il loro senso di fiduciaverso il superamento repentino della crisi. Se la popolazione avvertirà che gli effetti della pandemia saranno durevoli, allora vi sarà una contrazione dei consumi legati alla domanda aggregata e alla perdita di risparmio. Dato l’attuale contesto di incertezza e paura, le imprese sono suscettibili di ritardare gli investimenti, gli acquisti di beni e l’assunzione di lavoratori.

Le difficoltà legate alla produzione, inizialmente avvertite in Asia, si sono ora diffuse nelle catene di approvvigionamento in tutto il mondo. Tutte le imprese, indipendentemente dalle dimensioni, stanno affrontando gravi sfide, soprattutto nel settore dell’aviazione, del turismo e dell’ospitalità, con una reale minaccia di cali significativi in entrate, insolvenze e perdite di posti di lavoro in settori specifici. A risentirne maggiormente saranno le PMI (piccole e medie imprese). In Cina, ad esempio, la produzione industriale è calata dl 16%, la vendita delle autovetture ha subìto un calo del 92% e il trasporto di passeggieri sia in termini di traffico su gomma che in termini di trasporto pubblico su rotaie è diminuito del 90%.

Un altro fattore da considerare è il tasso di disoccupazione.

Le imprese investiranno sempre di meno, produrranno sempre di meno e di conseguenza assumeranno sempre di meno. Inoltre, le difficoltà di raggiungere il proprio luogo di lavoro o di effettuare lo stesso saranno sempre maggiori a causa delle limitazioni legate al contenimento della diffusione del virus. Il divieto di viaggio e le misure di quarantena impediscono a molti lavoratori di spostarsi nei luoghi di lavoro. Le previsioni circa la quantità e la qualità dell’occupazione peggiorano rapidamente, indicando un impatto negativo significativo sull’economia globale almeno nella prima metà del 2020. ( vd.  https://unctad.org/en/pages/PressRelease.aspx?OriginalVersionID=548).

L’OIL ha riportato le stime sull’aumento della disoccupazione e della sottoccupazione a causa del Covid-19 così come individuate da McKibbin e Fernando.

Secondo uno scenario “basso” o ottimista, vi sarà un aumento della disoccupazione globale di circa 5,3 milioni di lavoratori in tutto il mondo; secondo uno scenario “alto” o pessimista, di 24,6 milioni e secondo uno scenario medio di 13 milioni di cui 7,4 milioni in alto reddito. Sebbene l’OIL confermi che le stime sono incerte, i dati previsti non sono affatto rassicuranti. Si pensi che la crisi finanziaria globale del 2008-2009 ha aumentato la disoccupazione di 22 milioni.

Per quanto riguarda la situazione economica in Italia, si può prendere in esame l’analisi predittiva di Cerved Industry Forecast. Il report prende in considerazione due scenari: uno scenario base ed uno scenario pessimistico. Si rende necessario il ricorso alla tecnica degli scenari in quanto non vi è un modello economico consolidato rispetto ad un fenomeno, quello della pandemia, che non ha precedenti.

Secondo lo scenario base, l’emergenza da COVID-19 verrà superata a maggio e saranno necessari i successivi due mesi per ritornare alla normalità. Secondo lo scenario pessimistico invece l’emergenza durerà fino a dicembre 2020 e saranno necessari almeno sei mesi per tornare alla normalità.

Guardando al tasso di fatturato in Italia, secondo Cerved, nello scenario base sarebbero persi circa 220 miliardi di euro nel 2002 e 55 miliardi nell’anno successivo, rispetto all’anno precedente la diffusione del Coronavirus. Lo scenario pessimistico prevede invece la perdita di 470 miliardi nel 2020 e di 172 miliardi nel 2021.

A subire questa contrazione saranno maggiormente le attività alberghiere (-37,5%), le agenzie viaggi e i tour operator (-35,5%), le strutture ricettive extra-alberghiere (-31,3%), il settore di organizzazione di fiere e convegni (-25%),  la produzione di veicoli (-24,6%),  i concessionari auto e motocicli (-24,5%), la gestione degli aeroporti (-22,5%), i parrucchieri e gli istituti di bellezza (-22,3%) e gli autonoleggi (-21,7%).

A giovare della crisi saranno invece i settori del commercio online (+26,3%), della distribuzione alimentare (+12,9%), degli apparecchi medicali (+11%), delle specialità farmaceutiche (+8,5%) e di materie prime farmaceutiche (+7,8%), di ingrosso di prodotti farmaceutici e medicali (+5,2%), della cantieristica (+4,5%), della produzione di ortofrutta (+2,7%) e di lavanderia industriale (+2,3%).

Non sono rassicuranti neppure le previsioni del Ref Ricerche sull’andamento del PIL italiano. Secondo il Ref, ci potrebbe essere una contrazione del PIL da 9 a 27 miliardi di euro in Italia. La flessione per l’intera economia italiana si aggira pertanto tra il -1% e il -3%.