Può essere riconosciuto il diritto di servitù di passaggio anche da parte di terzi che subentrano nella proprietà di un bene?

Istituto: la servitù

Il diritto di servitù è un diritto reale di godimento che può spettare a un soggetto in quanto proprietario di un fondo, detto fondo dominante, e che consistente nel diritto di avere, fare o proibire da esercitare su un fondo altrui, detto servente, il cui proprietario subisce una compressione della propria facoltà di godimento in funzione della realizzazione di una utilità per fondo dominante. Le servitù possono essere:

  • Volontarie: possono essere acquistate a titolo derivativo-costitutivo o per contratto o per testamento.
  • Coattive.

Le servitù volontarie possono essere acquistate a titolo originario con l’usucapione, che si basa sul possesso continuato nel tempo.  L’acquisto della servitù per usucapione postula l’esistenza di segni visibili di «natura permanente, obiettivamente destinate all’esercizio della servitù»[2].

È controverso, invece, in dottrina se le servitù coattive possano costituirsi anche per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. La Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 1822 del 1971 ha affermato l’usucapibilità delle servitù coattive.

Trasferimento titolarità passiva della servitù

La titolarità attiva e passiva della servitù trapassa con il trasferimento del fondo, come conseguenza necessaria del trasferimento di questo, nella stessa guisa che trapassano inevitabilmente le qualità oggettive, vantaggiose o svantaggiose del fondo, anche quando la servitù non è menzionata nel titolo. (Cass. civ., sez. II, ord., 7 gennaio 2019, n. 128.)

Il proprietario del fondo dominante è tenuto di per sé sopportare, in proporzione ai vantaggi che ne riceve, le spese necessarie per la conservazione della servitù sostenute dal proprietario del fondo servente, in applicazione estensiva dell’articolo 1069 c.c., comma 3 e ciò anche quando le spese siano eseguite dal proprietario del fondo servente nel proprio interesse.

Al terzo acquirente di un fondo servente la servitù prediale è opponibile non soltanto quando il titolo costitutivo di essa è trascritto, ma anche quando la servitù è menzionata nell’atto di trasferimento.

Nella sentenza c’è scritto che: «La corte ha fatto applicazione del principio che le servitù si trasferiscono con il fondo cui ineriscono. Tale principio importa che la titolarità attiva e passiva della servitù trapassa con il trasferimento del fondo, come conseguenza necessaria del trasferimento di questo, nella stessa guisa che trapassano inevitabilmente le qualità oggettive, vantaggiose o svantaggiose del fondo, anche quando la servitù non è menzionata nel titolo (Cass. n. 6680/1995; n. 5686/1985)». 

Prosegue la Corte: «Le ricorrenti richiamano il principio secondo il quale la servitù è opponibile al successivo acquirente solo se sia menzionata nella nota di trascrizione e le indicazioni in questa riportate consentano di individuare, senza possibilità di incertezza gli estremi della convenzione. Il principio è esatto, ma i ricorrenti non tengono conto dell’ulteriore principio secondo cui al terzo acquirente di un fondo servente la servitù prediale è opponibile non soltanto quando il titolo costitutivo di essa è trascritto, ma anche quando la servitù è menzionata nell’atto di trasferimento (Cass. n. 757/1999).

Obblighi del titolare del fondo

  • Riferimento a servitù prediali: «Per la giurisprudenza, conformemente a quanto fino ad ora esaminato, quando viene costituita una servitù prediale in relazione alla quale il titolare del fondo servente sia tenuto non solo al pati tipico della situazione passiva di tale rapporto, ma altresì a prestazioni specifiche, necessarie per consentire l’esercizio della servitù al titolare del fondo dominante, ricorre l’ipotesi dell’obbligazione propter rem; debitore di quest’ultima è colui che si trova attualmente a essere il titolare del diritto di proprietà del fondo servente, mentre creditore ne è il proprietario del fondo dominante, oppure un terzo cui il detto proprietario abbia attribuito il godimento del bene, con atto non traslativo o non ancora traslativo della proprietà, quale un contratto di vendita con effetto traslativo differito»[3];
  • Cass. civ., sez. II,23 luglio 2008, n. 20287: La tesi della ricorrente è contrastata dal controricorrente richiamando una recente pronuncia di questa Corte così massimata: “In tema di acquisto per usucapione, l’acquirente (…) deve fornire la prova di avere acquistato con un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto oggetto del possesso (…); pertanto, ai fini dell’acquisto per usucapione di un diritto reale limitato come quello di servitù, tale titolo non può essere costituito dal contratto di vendita del fondo (preteso) dominante che non contenga la specifica menzione della servitù che si assume usucapita, operando l’accessione nei soli limiti del titolo traslativo, sicchè il trasferimento del fondo (preteso) dominante può essere sufficiente a trasferire la servitù nel solo caso in cui il relativo diritto già sussista a favore del fondo alienato (e, nel caso del sistema tavolare, la sussistenza è connessa alla iscrizione nel libro fondiario) ma non lo è nel caso in cui ne sia in corso il possesso ad usucapionem da parte del cedente” (sentenza n. 3177 del 2006, cui va aggiunta, per altro, la precedente sentenza n. 18750 del 2005). Ritiene questo Collegio che tale orientamento vada rimeditato in base alle seguenti considerazioni. Anzitutto viene in rilievo il carattere accessorio della servitù, il quale fa sì che essa si trasferisca assieme alla titolarità del fondo dominante anche a prescindere dalla espressa sua menzione nell’atto di trasferimento (cfr. Cass. 17301/2006, 2168/2006, 6680/1995, 5686/1985). Sicchè non può negarsi che un titolo (ad es. contrattuale, come nel caso in esame) di trasferimento della proprietà di un bene sia astrattamente idoneo – nel senso voluto dall’art. 1146 c.c., comma 2 – a trasferire altresì il connesso diritto di servitù, afferente al medesimo bene, pur in mancanza di espressa menzione.

Opponibilità a terzo dell’acquisto della servitù per usucapione

In merito all’opponibilità al neoproprietario del fondo servente del diritto di servitù usucapito, la Corte di Cassazione ha disposto che la servitù, per essere opponibile all’avente causa dell’originario proprietario del fondo servente, deve essere trascritta o espressamente menzionata nell’atto di trasferimento al terzo del fondo medesimo[4]. Di conseguenza, in caso di mancata trascrizione, la servitù è inopponibile agli aventi causa a titolo particolare del proprietario del fondo servente, se la servitù non sia stata portata a loro conoscenza e implicitamente accettata nei rispettivi atti di trasferimento[5].

La giurisprudenza ritiene ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione anche abusiva[6].

Opponibilità al terzo se conosceva

Tribunale Larino, Sent., 08-09-2016

In virtù del vigente art. 2643 n.4 c.c., infatti, i contratti costituitvi di servitù sono sì soggetti a trascrizione, ma detto incombente è richiesto solo ai fini della sua opponibilità ai terzi in quanto la servitù, contrattualmente costituita, sorge per effetto della convenzione. In tal caso “spetta al suo titolare e non già al concedente l’onere di provvedere, quale diretto interessato, a che il diritto sia al riparo dagli atti dispositivi dei terzi o anche dello stesso concedente. Quest’ultimo assume soltanto l’obbligo di rispettare il vincolo di asservimento concesso e di impegnare i suoi aventi causa a rispettarlo.” (Cass. N. 8781/87)

E’ stato inoltre precisato che “in caso di mancata trascrizione del relativo atto costitutivo, la servitù è inopponibile agli aventi causa, a titolo particolare, del proprietario del fondo servente, che abbiano acquistato in base ad un titolo regolarmente trascritto, a meno che la servitù sia stata portata a loro conoscenza ed implicitamente da essi accettata” ( Cass. N. 5158/03)

In tal senso la servitù è pienamente opponibile al convenuto avendo il medesimo piena e completa conoscenza della scrittura privata, costituitiva della servitù, per averla esso stesso sottoscritta nel 1983 ed essendo acquirente , a titolo particolare, di una quota del fondo servente di cui era già proprietario per la restante parte.

Contrasto tra titolo derivativo e titolo originario: chi prevale?

In aderenza alla Dottrina e alla Giurisprudenza di seguito citate si dovrebbe ritenere che il conflitto tra l’acquirente a titolo derivativo e acquirente a titolo originario del diritto di servitù si risolva a favore di quest’ultimo. Pertanto, il diritto di servitù usucapito dovrebbe essere opponibile anche ai terzi.

Dottrina e Commentari:

  • P. Cedon, Commentario al Codice civile, vol. 37, 2008, Milano, Giuffré Editore, p. 536. L’autore richiama la sentenza della Cass. civ., sez. III, 21 ottobre 1994, n. 8650, ove si richiama «il principio per cui nel conflitto tra acquirente a titolo derivativo e acquirente per atto tra vivi successivo all’avvenuta usucapione, indipendentemente dal tempo di trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione, che ha natura dichiarativa».
  • C. Ruperto, Commentario al Codice civileLa giurisprudenza sul Codice civile. Coordinata con la dottrina. Libro III: Della proprietà. Artt. 1140-1172, Milano, Giuffré Editore, 2011, p. 170, afferma che «secondo la S.C., in tema di trascrizione, il conflitto tra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto, nel regime ordinario del codice civile, a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dell’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo». Prosegue: «spiega un illustre Autore, in caso di conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario si deve necessariamente far riferimento alle norme di diritto sostanziale che disciplinano le diverse ipotesi di acquisto a titolo originario; dunque, se nell’ipotesi di acquisto a titolo derivativo la trascrizione rende il diritto opponibile a terzi, nei casi di acquisto a titolo originario la trascrizione non svolge questa funzione, essendo già il diritto, così acquistato, opponibile erga omnes.

Giurisprudenza:

  • T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 18/03/2019, n. 572, «vero è, infatti, che il conflitto tra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione, infatti, è sempre risolto, nel regime ordinario del codice civile, a favore dell’usucapiente, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta la usucapione e dall’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo, perché il principio di continuità delle trascrizioni, dettato dall’art. 2644, c.c., con riferimento agli atti indicati nell’art. 2643 stesso codice, non risolve il conflitto tra acquisto a titolo originario e acquisto a titolo derivativo, ma unicamente quello tra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa. Pertanto, ancorché non trascritto, l’atto di acquisto a titolo originario da parte di un Comune dell’area da edificare prevale sulla donazione (pure se trascritta).
  • Corte d’Appello Roma Sez. IV, 03/02/2010, «in tema di trascrizione, come costantemente affermato dalla Suprema Corte, il conflitto fra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dall’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, ex art. 2644 c.c., con riferimento agli atti indicati nell’art. 2643 c.c., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente fra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa».

[2]  Cass. civ., sez. II, 26 novembre 2004, n. 22290, in Giust. civ. mass., 2004, 11, ove si afferma che «In tema di servitù, l’acquisto per usucapione (o per destinazione del padre di famiglia) postula l’esistenza di segni visibili, cioè di opere di natura permanente, obiettivamente destinate all’esercizio della servitù che rivelino per la loro struttura e funzione, in maniera in equivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, non essendo peraltro necessario che dette opere insistano su di esso, essendo sufficiente che, qualora esse si trovino sul fondo dominante, siano visibili dal fondo servente in modo che se ne possa presumere la conoscenza da parte del proprietario di quest’ultimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso l’usucapione della servitù di passaggio sul rilievo che l’accesso al fondo servente era praticato attraverso una porta aperta nel fabbricato del proprietario del fondo dominante)»; App. Ancona, 16 marzo 2013, in Giust. civ. mass., 2019, «la servitù viene acquistata per usucapione in esatta corrispondenza con l’utilizzazione delle opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio, protrattasi continuativamente per venti anni, posto che il contenuto del diritto è determinato dalle specifiche modalità con cui di fatto se ne è concretizzato il possesso; ne consegue che ogni apprezzabile variazione delle modalità possessorie interrompe il corso dell’usucapione e dà luogo a una nuova decorrenza del relativo termine. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che, ai fini della decorrenza del tempo per la usucapione ventennale, aveva unificato l’esercizio di una servitù veicolare ed uno successivo carraio e di parcheggio senza distinguere le diverse modalità di esercizio del possesso, intervenute a seguito del mutamento di destinazione del fondo dominante da agricola a turistico alberghiera e di ristorazione)».

[3] Cass., 24 febbraio 1981, n. 1131, in Rep. Foro it., 1981, voce Servitù, n. 10, nella nota di G. Musolino, in Rivista del Notariato, 2015, 1, p. 99.

[4] Cass. civ., 18 luglio 2013 n. 17634, che richiama Cass., civ., n. 9457 del 28 aprile 2011.

[5] Cass. civ., 18 luglio 2013 n. 17634, citando la Cass. n. 5158 del 3.4.2003, afferma che «in caso di mancata trascrizione del relativo atto costitutivo, la servitù è inopponibile agli aventi causa, a titolo particolare, del proprietario del fondo servente, che abbiano acquistato in base ad un titolo regolarmente trascritto e sempre che la servitù non sia stata portata a loro conoscenza ed implicitamente da essi accettata nei rispettivi atti di trasferimento della proprietà, senza peraltro che, in quest’ultimo caso, ai fini di detta opponibilità sia sufficiente che, in luogo della descrizione della servitù esistente, l’atto di trasferimento contenga frasi generiche o di mero stile, ricorrente negli atti notarili».

[6] App. Napoli, sez. VI, 06 maggio 2020, n.1610, in Redazione Giuffré 2020, per cui «è ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso “ad usucapionem”»; Trib. Ascoli Piceno, sez. I, 17 gennaio, 2019, n. 3, «l’acquisto di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici è ammissibile per usucapione anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso “ad usucapionem”».