Negli ultimi giorni, in migliaia sono scesi in piazza in Polonia per protestare contro la sentenza della Corte costituzionale del 23 ottobre scorso che vieta l’aborto nel caso in cui il feto soffra di gravi malformazioni o malattie incurabili. Scopriamo di più.

Lo scorso 23 ottobre la Corte costituzionale polacca si è pronunciata, accogliendolo, sul ricorso presentato nel 2019 da 119 deputati, con il quale si contestava la legittimità costituzionale della legge sul diritto all’aborto. In particolare, la sentenza ha dichiarato costituzionalmente illegittima la legge sull’aborto nella parte in cui si autorizza l’aborto allorquando dai test parentali o altre ragioni mediche si evinca vi sia un’elevata probabilità di serio e irreversibile deterioramento del feto o una malattia incurabile. 

La sentenza fa cadere una delle tre eccezioni previste dalla legge sull’aborto del 1993, la quale era ed è tutt’oggi una delle leggi più restrittive al mondo in tema di interruzione della gravidanza. In Polonia, quindi, l’interruzione di gravidanza sarà lecita solo in due casi: nel caso in cui gravidanza comporti il rischio della vita per la madre e nel caso in cui la gravidanza sia stata causata da una violenza sessuale. 

È bene precisare che la legislazione attualmente in vigore in Polonia, risalente al 1993, è ben più restrittiva della precedente, risalente agli anni Sessanta. Dagli anni Sessanta, infatti, grazie alla legislazione permissiva in materia di interruzione di gravidanza e ai bassi costi degli interventi chirurgici, fu copioso il flusso di pazienti che si recavano in Polonia per tali interventi. 

A dettare un cambiamento radicale in tema di aborto furono, negli anni successivi, tanto le vicissitudini politiche quanto il ruolo predominante della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni, la cui influenza spinse il Parlamento ad approvare l’odierna legge, nel 1993. 

Cosa succederà ora, dopo la sentenza della Corte costituzionale?

A seguito della sentenza, in migliaia sono scesi nelle piazze delle città polacche per protestare pacificamente. Non sono mancate le repliche delle organizzazioni per i diritti umani e di uomini e donne del mondo dello spettacolo. 

Amnesty International ha denunciato l’uso di «forza eccessiva» e di «arresti arbitrari» nei confronti dei manifestanti pacifici che sono scesi negli scorsi giorni in piazza per protestare contro la sentenza della Corte costituzionale.

A protestare è anche Kasia Smutniak, attrice di origine polacca, la quale tramite i social ha fatto pervenire il suo sfogo diretto a Jarosławie Kaczyński, leader del partito al governo Pis (Diritto e Giustizia), che chiede da tempo di rendere ancora più restrittiva la legge sull’aborto.