C’è un istituto penitenziario, in Norvegia, battezzato dal New York Times come il carcere «più umano del mondo»: ambienti confortevoli, routine scandite, salario e tempo libero sono considerati il mezzo per la rieducazione del condannato. Scopriamo di più!

Il Carcere di Halden è un istituto penitenziario di massima sicurezza, sito in Norvegia a 25 km dal confine con la Svezia, costruito nel 2010 e conosciuto come il carcere “più umano del mondo”. 

LA MISSION

La rieducazione del condannato rappresenta una priorità per l’ordinamento norvegese.

In Norvegia infatti non è previsto l’ergastolo, la pena massima è di ventun anni di reclusione. Terminata la pena, il detenuto viene ascoltato dal giudice. Qualora questi ritenga che vi sia un pericolo reale per la società, può prolungare di altri cinque anni la reclusione. A seguito di questo ulteriore periodo, il processo si riapre per accertare che il detenuto sia idoneo ad essere reintegrato nella società.

In Norvegia si applica la probation, una misura alternativa alla detenzione. Dopo aver scontato due terzi della pena, il detenuto può ottenere la liberazione condizionale. Durante il periodo di libertà condizionale (che solitamente si protrae tra uno e tre anni), il condannato è sottoposto al controllo dell’agenzia di probation (inserita nell’Amministrazione penitenziaria). I condannati devono dare prova di cambiare il loro modus vivendi, rispettare le regole, scontare la condanna secondo il programma o il lavoro stabilito in un periodo di servizio presso la comunità o in detenzione domiciliare.

Tra le misure alternative vi è anche la sottoposizione a braccialetto elettronico: attualmente 340 condannati provenienti dalla detenzione carceraria hanno avuto la pena commutata dall’amministrazione in braccialetto elettronico. 

QUANTO COSTA HALDEN

La spesa sostenuta dal governo norvegese è ingente. Il costo di tutta la popolazione detenuta è di 35 milioni di euro. Ad Halden la spesa annuale per ogni detenuto è 120.000 euro a fronte di una spesa di appena 4.000€ all’anno per detenuto in Italia. Il condannato in Norvegia non è tenuto a pagare le spese di mantenimento in carcere, pertanto questo rappresenta un costo gravante interamente sull’Erario.

Il salario per il detenuto che lavora è di 8/9 euro al giorno corrisposto direttamente dallo Stato: i beni che produce sono venduti dallo Stato cui vanno i ricavi. Esiste in tema di lavoro un sistema misto pubblico/privato. Le imprese private possono investire sul lavoro in carcere ma sempre attraverso l’amministrazione pubblica e mai direttamente. In ogni istituto esiste una persona incaricata di trovare le commesse e che sovrintende alle attività lavorative in carcere. Attualmente il datore di lavoro principale è comunque lo Stato. 

HALDEN: UN CARCERE INNOVATIVO

Il carcere di Halden si rivela innovativo sotto molteplici aspetti. 

La struttura è moderna e accogliente. Le camere detentive sono singole e hanno un letto, un piccolo frigo, una libreria, TV, scrivania e una sedia, oltre a un bagno privato con doccia, WC e lavandino. Vi sono numerosi spazi comuni in cui agenti di polizia penitenziaria e detenuti trascorrono del tempo insieme. Nel palazzo c’è anche un negozio di alimentari di nome «Justisen» (la Giustizia) dove i detenuti possono acquistare tutto ciò di cui hanno bisogno di cucinare per se stessi e l’un l’altro. C’è anche un ben attrezzato studio di musica chiamato «Criminal Records», un giardino, una sala santa, una mensa, una palestra, una sala formazione, una biblioteca, una sala computer, una casa per le visite di famiglia oltre che i laboratori di artigianato, grafica e meccanica. L’istituto offre ai detenuti l’opportunità di ricevere un’istruzione adeguata mentre scontano la loro pena. 

LA VISION

Il motto dell’istituto, «Who do we want as our neighbour?», racchiude la filosofia del sistema penitenziario norvegese finalizzato alla rieducazione e riabilitazione dei detenuti. Questa è una delle sfide più ardue che ogni Stato deve affrontare. Halden è un modello esemplare. La missione è cambiare la vita dei detenuti, il loro habitus vivendi e anche il loro rapporto con la società. 

IL TRATTAMENTO DEI DETENUTI

Per quanto riguarda il primo aspetto, i detenuti dopo un periodo di valutazione psicologica ricevono un programma cui devono conformarsi al fine di partecipare al sistema carcerario.

Dopo aver scelto i corsi di studio o di lavoro, vengono assegnati alla sezione idonea. Durante la permanenza nell’istituto, i detenuti che aderiscono al programma lavorano o studiano presso i laboratori di meccanica, grafica o artigianato, partecipano al mantenimento e alla cura degli spazi comuni dell’istituto, possono cucinare nella mensa per gli altri detenuti, acquistano dei generi alimentari nel supermercato interno alla struttura tramite la tessera fornita loro dall’istituto su cui è caricato il credito proveniente dal loro lavoro, leggono dei libri in biblioteca, giocano a scacchi o a carte con i detenuti o gli altri agenti. Coloro che non si conformano al programma rimangono nella loro camera privata tutto il giorno tranne nei momenti dei pasti principali.

Per quanto riguarda il lavoro all’interno dell’istituto, i laboratori riproducono un ambiente di lavoro normale. Il salario per il detenuto lavoratore è di 8/9€ al giorno, corrisposto direttamente dallo Stato: i beni prodotti sono venduti dallo Stato. Esiste in tema di lavoro un sistema misto pubblico/privato. Le imprese private possono investire sul lavoro in carcere tramite l’amministrazione pubblica. In ogni istituto è presente un sovrintendente alle attività lavorative in carcere ma il datore di lavoro principale è comunque lo Stato. 

Per quanto attiene invece al secondo profilo, quello relativo alla rieducazione del condannato nel rapporto con il mondo esterno, vige il “Principio della normalità”: i detenuti sono trattati con rispetto e dignità dagli agenti di polizia penitenziaria con cui instaurano un rapporto di cordialità e collaborazione. I detenuti sono educati a rapportarsi con gli altri con educazione e rispetto.

Gli agenti di polizia penitenziaria di Halden non pattugliano ma interagiscono, dialogano con i detenuti. Gli agenti infatti devono studiare gestione del conflitto, psicologia, criminologia, giurisprudenza e attività sociali ed etica. Il numero della polizia penitenziaria è ben più elevato del numero dei detenuti: il rapporto è di circa 350 agenti per 250 detenuti. I detenuti e gli agenti dialogano e trascorrono del tempo insieme nelle zone comuni. Si tratta di “sicurezza dinamica”: parlare e interagire con i detenuti può essere utile a cogliere dei segnali di allarme circa gli animi all’interno dell’istituto. Inoltre tutte le attività e gli spostamenti dei detenuti sono registrati in un sistema tramite la scansione del tesserino dato ad ogni detenuto. Gli agenti rappresentano un modello di comportamento per i detenuti e riflettono il modo in cui è necessario comportarsi. 

Il sistema penitenziario norvegese ed in particolare quello in Halden è incentrato sulla necessità di attribuire un senso alla permanenza in istituto dei detenuti. La reclusione non deve risultare sgradevole per le pessime condizioni di vita, per la violenza tra i detenuti o con questi e gli agenti, ma deve educare i detenuti al buon vivere. I detenuti infatti durante la loro permanenza devono lavorare, studiare, pulire gli spazi comuni e cucinare, ossia avere uno stile di vita “normale”.

GLI EFFETTI DI HALDEN

Grazie a questa gestione, la percentuale di recidiva in Norvegia è la più bassa del mondo, e si attesta al 30%. In particolare, il 20% dei reclusi torna in carcere nei due anni successivi la scarcerazione, mentre nei quattro anni successivi il 35 %. 

CONFRONTO CON L’ITALIA

In Italia, sono numerosi i rilievi critici che emergono dalla realtà carceraria.

Tra questi figura il reinserimento nel mondo del lavoro dell’ex detenuto. In ambito giuslavoristico sono necessari interventi legislativi che, orientando i regolamenti interni degli istituti penitenziari, agevolino la partecipazione del detenuto al lavoro nelle imprese. Un problema risulta il mancato aggiornamento dei detenuti, molti dei quali sono vittime di analfabetismo tecnologico. Poco conosciute sono le norme che prevedono vantaggi fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti o internati, destinati a prestare attività lavorativa negli istituti penitenziari o all’esterno del carcere ai sensi dell’art. 21 legge 354/1975. In particolare, è previsto uno sgravio parziale – nella misura del 95% – dei contributi INPS e INAIL a favore della ditta, che diventa totale nel caso di cooperative sociali che re-inseriscono nel mondo del lavoro persone svantaggiate. In aggiunta è riconosciuto un credito d’imposta da un minimo di 300 euro ad un massimo di 520 euro mensili. Durante l’incontro è stato rilevato che sarebbe opportuno aiutare i detenuti, durante la loro permanenza in carcere, non solo a formarsi, studiare e lavorare, ma anche a scrivere il proprio curriculum vitae e a conseguire certificazioni valide a livello europeo. Durante un seminario sull’integrazione sociale tenutosi presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche, la Direttrice della Casa Circondariale di Lecce ha sottolineato che il lavoro penitenziario favorisce il reinserimento sociale degli ex detenuti, spesso ostacolato proprio dalle avverse condizioni economiche di contesto.