In occasione della Giornata nazionale contro il bullismo, un’analisi giuridica del fenomeno del bullismo tra tutela, profili di responsabilità e prospettive de iure condendo.

BULLISMO: ALCUNI DATI

La cronaca, con sempre maggiore frequenza, narra episodi di bullismo e cyberbullismo tra giovani. Si tratta di un fenomeno sociale, prima che criminale, allarmante. Basti prendere ad esempio i dati statistici offerti dall’ISTAT.

A partire dal 2015, l’ISTAT ha diffuso i risultati delle rilevazioni condotte su intervistati di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Più della metà degli intervistati, nel dicembre 2015, ha subìto nell’anno precedente l’intervista almeno un episodio offensivo. Un intervistato su cinque (circa il 19,8%) ha dichiarato di aver subìto degli atti di bullismo almeno una volta al mese. Di questi, la metà è vittima di atti di bullismo una o più volte a settimana. Non è tutto. Ad essere vittime con maggiore incidenza sono le ragazze (circa il 55%).

Dal report, si rileva che le azioni vessatorie sono più frequenti al Nord d’Italia, ove più del 57% subisce prepotenze, rispetto che al Sud, ove la percentuale è inferiore al 50%.

Un dato da sottoporre all’attenzione è quello relativo alle reazioni e ai comportamenti che le vittime ritengono sia giusto tenere. Più del 40% degli intervistati ritiene che sia opportuno reagire con indifferenza alle violenze subite come strumento di difesa, piuttosto che ricorrere all’aiuto dei genitori o degli insegnanti.

L’ordinamento, tuttavia, offre opportune tutele a chi subisce violenze o altri soprusi. È, quindi, necessario reagire agli atti di bullismo, rivolgendosi ai propri genitori e, di seguito, alle autorità competenti. 

BULLISMO: COS’È

Fatte le dovute premesse, è bene dare una definizione prima terminologica, poi giuridica, al fenomeno del bullismo.

Con il termine bullismo si suole intendere un’azione «continuativa e persistente che mira deliberatamente a far del male o danneggiare qualcuno». Il termine bullismo deriva dal termine inglese bullying il quale indica l’atteggiamento di prepotenza esercitato in un gruppo. Si tratta, solitamente, di un fenomeno sociale di cui sono protagonisti gli adolescenti dagli 11 ai 17 anni. 

Il fenomeno si contraddistingue per tre elementi: intenzionalità, persistenza nel tempo e asimmetria nella relazione. Vi è, quindi, l’intenzionalità di un soggetto di compiere atti violenti o persecutori in maniera continuativa e in un certo lasso di tempo, nei confronti di un altro soggetto, solitamente posto in un piano inferiore rispetto al suo bullo. Si può trattare, ad esempio, di inferiorità anagrafica, o fisica.

I PROFILI GIURIDICI 

Non è agevole, per il giurista, individuare la tutela adeguata per la vittima di bullismo. Il bullismo è un fenomeno di difficile connotazione. Manca, infatti, sul piano penale una fattispecie criminosa ad hoc alla quale sussumere la condotta del bullo.

Di conseguenza, al fine di punire le condotte del bullo, sarà necessario ricorrere a molteplici fattispecie penali: istigazione al suicidio ex art. 580 c.p.; percosse ex art. 581 c.p.; lesioni ex art. 582 c.p.; rissa ex art. 588 c.p.; diffamazione ex art. 595 c.p.; violenza sessuale ex art. 609-bis c.p.; minaccia ex 612 c.p.; atti persecutori (c.d stalking) ex art. 612-bis c.p.; interferenze illecite nella vita privata ex art. 615-bis c.p.; furto ex art. 624 c.p.; estorsione ex art. 629 c.p.; danneggiamento ex art. 635 c.p.; ecc.

Con riguardo ai profili giuridici civilistici, la vittima può richiedere il risarcimento del danno ingiusto arrecatogli dal bullo, ai sensi dell’articolo 2043 c.c. (responsabilità aquiliana). Se il bullo è un minorenne, risponderà personalmente dei danni arrecati tramite il proprio rappresentante legale. Non solo. Ai sensi dell’art. 2048 c.c. si potrà configurare anche la responsabilità concorrente dei genitori.

PROSPETTIVE DE IURE CONDENDO

Tenuto conto della frequenza e dell’incremento allarmante degli atti di bullismo, è auspicabile l’introduzione di una fattispecie penale ad hoc di bullismo. Una fattispecie che, come nel caso degli atti persecutori, punisca condotte le quali, ancorché di per se stesse non già penalmente rilevanti, lo diventano per la loro reiterazione e per lo stato di perdurante ansia e timore che la vittima prova per la propria incolumità.