Le modalità di azione del MES

Le modalità d’azione del fondo sono disciplinate dall’articolo 3 del trattato istitutivo, sono molto celeri perché terminano in appena sette giorni. Possono essere suddivise in tre fasi:

  1. lo Stato in difficoltà avanza una richiesta di assistenza al Presidente del Consiglio dei Governatori del fondo salva-Stati;
  2. il MES chiede alla Commissione europea di valutare lo stato di salute del Paese che ha chiesto aiuto e di definire il suo fabbisogno finanziario. In questa fase l’esecutivo comunitario e la BCE (e se necessario il FMI) analizzano se la crisi di quello Stato può contagiare il resto dell’Eurozona;
  3. dopo la valutazione, l’organo plenario del MES decide di agire e aiutare il Paese in difficoltà.

Dal 2017 si è avanzata l’ipotesi di rivedere il trattato, aprendo un acceso dibattito. La riforma infatti dovrà ricevere l’approvazione dei governi oltre che la ratifica parlamentare di ciascuno Stato.

Sono controverse le nuove condizioni previste per accedere al fondo salva-Stati, in particolar modo sono ritenute più stringenti le condizioni per poter attivare la PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line), un sistema di aiuto finanziario in caso di turbolenze all’interno del mercato del debito di un Paese appartenente all’Eurozona.

COSA PREVEDEVA IL TESTO DI RIFORMA

Le principali novità del testo di riforma rispetto al Trattato originario sarebbero le seguenti:

1) Anzitutto, per accedere al fondo occorre rispettare diversi parametri fiscali e macroeconomici, tra i quali:

  • un rapporto deficit/Pil inferiore al 3%. Tale rapporto è stabilito dal Trattato di Stabilità e di Crescita del 1997. Con deficit pubblico si suole indicare la differenza negativa tra entrate e uscite pubbliche. Il deficit viene calcolato in rapporto al Pil in modo da definire la possibilità di ripagare il debito accumulato. 
  • un rapporto debito/Pil inferiore al 60%. Con il termine debito pubblico si indica non il deficit ma il debito dello stesso Stato nei confronti di un soggetto economico creditore e non deve superare il limite del 60%.
  • ovvero, in alternativa alla seconda condizione, il rapporto debito/Pil in riduzione per almeno 1/20 l’anno nei due anni precedenti alla richiesta di assistenza finanziaria. 

Ad oggi non rispettano tali parametri dieci Paesi della zona euro: Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Finlandia, Slovenia, Lettonia, Grecia, Cipro. Per l’Italia rileva ovviamente il rapporto debito/Pil, che a causa di una crescita bassa o nulla non accenna a ridursi.

Si viene perciò a configurare più nettamente che in passato un’eurozona a due velocità: gli Stati che rispettano i parametri di cui sopra, possono accedere alla cd. “liquidità precauzionale”; gli altri – solitamente meno solidi – possono accedere alla cd. “liquidità rafforzata” a condizioni più onerose. 

La linea di credito precauzionale in termini generali consiste nell’assistenza finanziaria concessa dal MES a un Paese prima che si trovi in difficoltà nel reperimento di fondi sui mercati dei capitali, in modo da evitare situazioni di crisi, può essere:

  • (linea di credito condizionale) precauzionale (PCCL): a disposizione degli Stati membri la cui situazione economica e finanziaria è fondamentalmente solida, il che viene determinato sulla base del rispetto di sei criteri di ammissibilità quali debito pubblico, posizione sull’estero o accesso al mercato a condizioni ragionevoli.
  • (linea di credito soggetta a condizioni) rafforzate (ECCL): a disposizione degli Stati membri la cui situazione economica e finanziaria continua a essere solida, ma che non soddisfano i criteri di ammissibilità della PCCL. Il ricorso all’ECCL è subordinato all’adozione di misure correttive volte a evitare problemi futuri per quanto concerne l’accesso al finanziamento sul mercato.

Di conseguenza vi è un gruppo di Stati che può accedere alla liquidità “precauzionale” (senza peraltro dover più sottoscrivere il memorandum of understanding) e un gruppo che non può accedervi.

2) Memorandum. Il gruppo dei Paesi che non rientrano in almeno uno dei parametri richiesti, pertanto, può accedere solo alla liquidità “rafforzata”. Questi sono obbligati alle seguenti novità:

  • La firma del memorandum of understanding cioè di misure di austerità fiscale sia sul lato della spesa che delle entrate. Chi accede alla liquidità “rafforzata” deve firmare il memorandum ma può accedere effettivamente alla liquidità richiesta solo se il suo debito pubblico viene giudicato sostenibile da parte di Commissione Europea, Bce e MES. In particolare, la richiesta di assistenza dello Stato è analizzata dalla Commissione europea e della BCE che ne danno un parere e successivamente il MES, sulla scorta dello stesso parere, esprime il proprio parere vincolare e decisivo, esprimendosi sulla capacità del Paese che dovrebbe ricevere il sostegno finanziario di ripagarlo. Rispetto al Trattato del 2012, pertanto, si aggiunge un passaggio ulteriore all’analisi di sostenibilità del debito pubblico, nel quale il ruolo del MES è centrale. 
  • Se il MES dovesse esprimersi negativamente sulla capacità del Paese di ripagare il prestito si aprirebbe una fase di forte incertezza sui mercati. In questo caso, molto probabilmente – ancorché non ancora specificato chiaramente dal trattato, richiedersi la ristrutturazione del debito

La ristrutturazione del debito consiste nel processo che consente a un’entità, in questo caso pubblica, che si trovi in dissesto finanziario, di ridurre o rinegoziare un debito che non è in grado di rimborsare al fine di migliorare o ripristinare la liquidità, in modo da poter continuare a operare.

Nella premessa all’articolato il punto 12 asserisce che “in casi eccezionali una forma adeguata e proporzionata di coinvolgimento del settore privato, conformemente alla prassi del FMI, deve essere presa in considerazione (…)”. Di conseguenza, si prenderebbe in considerazione la ristrutturazione. Il default di uno Stato però non è mai totale: solitamente il suo debito viene “ristrutturato” dilazionando i pagamenti con i creditori, mentre contemporaneamente viene “costretto” ad aumentare le entrate, cioè le tasse, e a ridurre la spesa pubblica. Una volta dichiarato il default, anche se parziale, lo Stato non sarebbe comunque più in grado di pagare subito gli interessi su Bot e Btp, né di rimborsare il capitale: la ristrutturazione del debito dilazionerebbe i termini di pagamento, ma ciò farebbe crollare il valore dei titoli rendendoli invendibili.

Le banche, tra i principali possessori di titoli di Stato, si troverebbero improvvisamente a non avere le entrate degli interessi e rischierebbero a loro volta di fallire. I cittadini, spaventati dalla situazione, inizierebbero a prelevare i loro risparmi dalle banche aggravando ulteriormente la crisi. Le aziende private e le famiglie si troverebbero a non aver più credito da parte delle banche: la produzione si fermerebbe così come i consumi, alimentando un pericoloso circolo dal quale diventerebbe sempre più difficile uscire.

È vero che questo punto era presente anche nel Trattato originario, ma ora si prevede come detto che il MES possa esprimersi sul programma di sostegno finanziario e quindi l’eventualità di un via libera al programma di sostegno condizionato alla ristrutturazione del debito si fa più concreta.

Ristrutturare il debito pubblico significa, nell’essenziale, stabilire a tavolino perdite per i detentori di quel debito (sotto forma di allungamento delle scadenze dei titoli di debito, di riduzione degli interessi, di riduzione del capitale o di un insieme di queste misure). Per quanto riguarda i titoli di stato italiani, i detentori sono per oltre il 70% attori nazionali (famiglie, risparmiatori, banche, altre istituzioni finanziarie, imprese) e per meno del 30% attori esteri. Si tratta di una torta complessiva da 2.000 miliardi (su un debito pubblico totale di oltre 2.300), dei quali circa 700 miliardi in mani estere. 

3) Un’altra novità attiene alle nuove CACs obbligatorie dal 2022 cioè clausole di azione collettiva a disposizione dello Stato debitore. Le clausole d’azione collettiva (CAC) con clausole di aggregazione semplice sono norme giuridiche per titoli di Stato che rendono la ristrutturazione del debito più ordinata e prevedibile. Riducono il rischio che un gruppo limitato di detentori di obbligazioni decida di non partecipare alla ristrutturazione e formi una minoranza di blocco, nella speranza di ottenere un accordo migliore (problema dei creditori “holdout”). Tramite le CACs il debitore può avviare una trattativa con i creditori per la migliore ristrutturazione del debito. In Italia sono applicate dal 2013. Fino ad oggi per arrivare alla ristrutturazione serviva il voto positivo della maggioranza dei creditori di ogni serie di debito (il debito pubblico è diviso in tranche, a seconda dell’ammontare, della scadenza, degli interessi…). Con la riforma, invece, a partire dalle emissioni di debito del 2022, sarebbe sufficiente il voto a maggioranza dei debitori su tutto quanto l’ammontare di debito, così che sarebbero costretti alla ristrutturazione anche i creditori di una serie di debito per la quale si è votato contrariamente alla ristrutturazione stessa. 

4) Per ultimo è previsto il Backstop per finanziare il Single Resolution Fund. Fondo di risoluzione unico è un fondo utilizzato per contribuire alla risoluzione delle banche in dissesto. È interamente finanziato dal settore bancario. Si tratta di una “rete di protezione” per il sistema bancario europeo. Uno Stato ne abbia necessità può chiedere sostegno finanziario per salvare le sue banche attraverso il cosiddetto Fondo Unico di Risoluzione, un fondo già esistente, finanziato dal settore bancario e con un potere di spesa molto limitato (appena 55 miliardi di euro su scala europea, una volta che entrerà a pieno regime). Potrebbe essere necessario, quindi, che il Mes presti ulteriori fondi al SRF per risolvere le banche in crisi. Tuttavia nel testo si condiziona l’utilizzo del Backstop (cioè del prestito del Mes al SRF) all’applicazione della direttiva BRRD (2014/59/UE del Parlamento europeo detta BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) da parte dello Stato che richiede aiuto. La direttiva BRRD, come noto, è quella che contiene il cosiddetto bail-in. Il bail-in è il meccanismo tramite il quale i costi di salvataggio di una banca in dissesto o a rischio di dissesto sono sopportati in primo luogo dai relativi azionisti e dai creditori, e non dai contribuenti (bail-out), coinvolgendo i correntisti sopra i 100.000 euro, gli obbligazionisti e gli azionisti nella risoluzione della banca in crisi. Ciò significa che prima di accedere al Backstop lo Stato dovrà far pagare ai risparmiatori una parte del salvataggio. 

CRITICITÀ RILEVATE DALL’ITALIA

Tra le criticità che sono rilevate per l’Italia figura la necessaria e preliminare ristrutturazione del proprio debito pubblico da parte di uno Stato che si trova in difficoltà e il cui debito pubblico sia giudicato insostenibile dallo stesso MES. Il profilo attenzionato non è tanto la possibilità di ristrutturare il debito, quanto il fatto che la ristrutturazione sia una condizione necessaria e preventiva.

Ristrutturare il debito in Italia potrebbe avere conseguenze allarmanti in quanto il 70% del debito italiano è detenuto da operatori residenti quali ad esempio famiglie e imprese. La ristrutturazione sarebbe inciderebbe – in negativo – sulla ricchezza della popolazione, fallimenti bancari, disoccupazione, distruzione dei risparmi. 

Positiva è certo la previsione del backstop ma sarebbe auspicabile che, per quanto concerne le condizioni di accesso al MES, si apportassero opportune modifiche per fare il modo che gli Stati che abbiamo bisogno di sostegno finanziario non siano costrette a far decrescere la ricchezza dei cittadini e a concorrere ad un clima sociale ed economico controverso.